Le politiche per la tutela delle minori e dei minori stranieri non accompagnati chiamano in causa una costellazione vasta ed eterogenea di soggetti: dalla Prefettura alla Questura, dal Tribunale per i Minorenni agli enti locali, dalle comunità di accoglienza ai tutori e alle tutrici, dalle scuole agli enti di formazione e alle agenzie per il lavoro, dai consolati alle organizzazioni internazionali.
A fronte di un sistema di visioni, valori e obiettivi condivisi, l’operatività quotidiana mostra invece un grado elevato di frammentazione, di sovrapposizione e di disomogeneità tra i tanti interventi in campo. Tutti i soggetti perseguono il medesimo obiettivo di piena tutela dei diritti dei minori e delle minori in migrazione, ma lo fanno con modalità, logiche e tempistiche diverse, non sempre coerenti tra loro.
Per arrivare a un grado maggiore di integrazione, occorre conoscere le reti territoriali e il loro funzionamento. Mappare attori e azioni in campo, indagare i flussi di risorse e le fonti di finanziamento, esplorare il sistema di relazioni e le connessioni che sussistono tra i diversi soggetti, osservare meccanismi decisionali e dinamiche di potere: sono tutte operazioni necessarie per costruire un quadro del contesto di riferimento. Occorre condurre questa operazione superando i confini propri degli ambiti tematici o di quelli tracciati in base a rapporti di potere.
Occorre, poi, attivare meccanismi specifici che garantiscano il maggiore grado possibile di integrazione nel sistema, tanto a livello di analisi dei fenomeni quanto a livello di implementazione di risposte efficaci e di utilizzo di risorse scarse. L’approccio interdisciplinare, la costituzione di gruppi di lavoro inter-istituzionali, l’attivazione di unità interdipartimentali e la nomina di figure con esplicite funzioni di regia, sono solo alcune delle possibili soluzioni di governance che i territori possono mettere in campo per conseguire questo obiettivo.
Infine, per una chiara definizione del ruolo di tutti i soggetti in campo, bisogna fare attenzione a funzioni delicate come quelle di indirizzo, di regia e di garanzia. L’articolazione di ruoli e funzioni può certamente variare a seconda delle epoche, dei territori e degli specifici equilibri di contesto. L’analisi di prassi virtuose mostra però due elementi ricorrenti da tenere in considerazione rispetto alla leadership.
Nella maggior parte dei casi, le leadership pubbliche e istituzionali sono più efficaci delle leadership di altro tipo, nella misura in cui garantiscono la piena legittimità degli interventi proposti e ne assicurano la continuità nel tempo a prescindere da interruzioni, instabilità dei cicli politici, bandi di finanziamento e gare d’appalto.
Una leadership collaborativa e partecipativa è più efficace di una leadership che approccia reti e territori in modo saltuario e strumentale, nella misura in cui la tenuta di un sistema complesso e di tutti gli attori che ne fanno parte garantisce solidità, adattabilità, sostenibilità e capacità di generare nuove idee.