Coerentemente con le indicazioni della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia, le politiche e i progetti rivolti alle minori e ai minori stranieri non accompagnati devono fondarsi primariamente sulla loro centralità, garantendo il pieno riconoscimento e la piena valorizzazione delle loro specificità, risorse e potenzialità.
Riconoscere la dignità e la centralità di ogni ragazzo e di ogni ragazza significa costruire canali di ascolto e di comunicazione che permettano loro di dialogare in modo sicuro e competente con gli interlocutori in campo e di potersi pronunciare sulle questioni cruciali che riguardano la quotidianità, i problemi e i progetti di ciascuno e di ciascuna.
Gli elementi di complessità in gioco sono molteplici. Ci sono le barriere linguistiche, i tempi dell’apprendimento dell’italiano e il ricorso a interventi di mediazione linguistica. Ci sono le questioni culturali e il bisogno di accumulare progressivamente un capitale di significati comuni, per decidere cosa si intende quando si parla di diritto, dovere, responsabilità, tutela e autonomia.
Ci sono sfide legate alla conoscenza reciproca, alle relazioni all’interno del sistema e ai rapporti di potere: non è sufficiente essere in grado di esprimere un’opinione, bisogna anche sentirsi nelle condizioni di farlo. Ascolto, in questo senso, significa anche, e soprattutto, costruire legami e predisporre spazi e tempi che permettano ai ragazzi e alle ragazze, liberamente e in maniera sicura e legittimata, di portare la propria opinione.
Centralità della persona significa anche cura della personalizzazione delle proposte e dei percorsi, e quindi cercare un punto di equilibrio tra gli elementi di contesto (opportunità e vincoli), le caratteristiche di ogni persona (competenze, attitudini, preferenze, talenti) e le sue prefigurazioni del futuro (desideri, progetti, sogni). Pragmatismo e realismo sono i due fattori che dovrebbero poter orientare la costruzione dei percorsi, così da sostenere ragazzi e ragazze nel conseguimento di risultati tangibili e incoraggianti anche nel breve periodo, in modo da prevenire esperienze di frustrazione e di delusione. Ma è fondamentale lasciarsi guidare anche dalla fiducia, senza rinunciare in partenza al confronto con le sfide più ambiziose e senza spingere verso la standardizzazione e l’appiattimento di percorsi che possono e devono evolversi e diversificarsi.
Una terza accezione del principio di centralità si muove su un piano di sistema, al livello della definizione e del potenziamento delle politiche e dei progetti rivolti ai e alle minori. In questo caso, parlare di centralità significa riconoscere nei minori e nelle minori soggetti esperti e competenti con cui interloquire e interfacciarsi nei momenti in cui si osservano criticamente le politiche e ci si pone l’obiettivo di migliorarle. Lo sforzo di ascolto, consultazione e partecipazione porta all’emersione e al riconoscimento del punto di vista dei beneficiari delle politiche, di chi esperisce in prima persona sia le opportunità che i limiti delle proposte di accoglienza e di integrazione. L’at- tenta stimolazione e la considerazione di questo punto di vista consentono di migliorare politiche e interventi e di renderli più efficaci e coerenti con il vissuto e con le aspettative delle popolazioni target. Infine, un elemento integra e rende possibili tutte le dimensioni qui descritte: il diritto dei minori e delle minori a ricevere informazioni in modo completo, tempestivo e comprensibile su tutto ciò che li e le riguarda. Promuovere l’ascolto, costruire percorsi personalizzati, favorire la partecipazione di ragazzi e ragazze al miglioramento delle politiche saranno processi efficaci solo se i soggetti coinvolti saranno consapevoli di quanto accade intorno a loro, dei loro diritti, delle opportunità e dei vincoli dei loro percorsi di accoglienza.